lunedì 30 giugno 2014

IL DECRETO SALVA INQUILINI: DUBBI E PERPLESSITA'

IL DECRETO SALVA INQUILINI DL 47/14 (convertito nella L. 80/14) e precisamente l’art. 5 comma 1-ter.

Il legislatore è reintervenuto come avevamo previsto con l’art. 5 comma 1 ter della l 80/2014, che ha fatto salvi fino al 31.12.15 gli effetti e i rapporti sorti dai contratti nati ex art. 3.
 
Questa norma è stata emanata con il solo intento di evitare agli inquilini di pagare gli arretrati e di godere per un altro anno e mezzo del pagamento del canone ridotto.

La legge che ha nuovamente soccorso gli affittuari stabilisce, infatti, che sono fatti salvi, fino al 31 dicembre 2015, gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.
 
La norma ha voluto, puramente e semplicemente, procrastinare gli effetti di una norma dichiarata incostituzionale: in questo caso è ineluttabile un nuovo intervento della Corte volto a sanzionare la violazione del giudicato costituzionale.

Si evidenzia a tal fine la copiosa giurisprudenza costituzionale che impedisce al legislatore di fare salvi o prolungare gli effetti di una norma incostituzionale.

Restano dubbi e perplessità in merito a questa nuova normativa.
Non ci resta che attendere le numerose sentenze che stanno emettendo i vari Tribunali in merito agli sfratti richiesti e ottenuti nonostante le norme incostituzionali che il nostro paese riesce inesorabilmente ad approvare.

 
 


DIRITTO DEL LAVORO LA TRANSAZIONE


Somme corrisposte dal datore di lavoro al proprio dipendente in esecuzione di una transazione, conseguita al fine di evitare l’insorgere di una lite. Assoggettabilità a contribuzione degli importi corrisposti nell’ambito dell’accordo transattivo.

Con sentenza n. 9180 del 23 aprile 2014, la Cassazione ha affermato che di per se stesso il titolo transattivo attribuito dalle parti alla erogazione di una somma, finalizzata anche a prevenire una lite e senza alcun riconoscimento relativo all’intercorso rapporto di lavoro, non è idoneo ad escludere la pretesa contributiva dell’INPS. Alla base delle motivazioni ci sono alcuni ragionamenti che scaturiscono dai contenuti dell’art. 12 della legge n. 153/1969 che ricomprende nella natura dell’imponibile contributivo tutto ciò che il prestatore ha percepito in relazione al rapporto di lavoro. Sotto l’aspetto contributivo la nozione di retribuzione è molto ampia e tale da superare i confini della corrispettività, essendo escluse unicamente le erogazioni frutto di una causa diversa e distinta dal rapporto , nonché le voci riportate nell’ art. 12 della suddetta legge.

La Suprema Corte, ha preso le mosse dalla L. 153/1969 (art. 12) la quale dispone che “per la determinazione della base imponibile per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, si considera retribuzione tutto ciò che il lavoratore riceve dal datore di lavoro in denaro o in natura, al lordo di qualsiasi ritenuta, in dipendenza del rapporto di lavoro”.

La norma è stata interpretata autenticamente dal D.L. 173/1988 (convertito in L. 291/1988) nel senso che “dalla retribuzione imponibile sono escluse anche le somme corrisposte in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, al fine di incentivare l’esodo dei lavoratori”.

Dalla sopracitata disciplina legislativa consegue che affinché sia esclusa la debenza dell’obbligo contributivo occorre che risulti un titolo autonomo diverso e distinto dal rapporto di lavoro, che giustifichi la corresponsione della somma nell’ambito della transazione, a nulla rilevando una volontà negoziale che regoli in maniera diversa la obbligazione retributiva, ovvero risolva con un contratto di transazione la controversia insorta in ordine al rapporto di lavoro.

La Suprema Corte ha rilevato come gli accordi transattivi prendessero le mosse da pretese dei lavoratori collegate al rapporto di lavoro di talché restava ininfluente la volontà delle parti contraenti di escludere tale nesso, non potendo siffatta intenzione valere ad elidere gli effetti che la legge correla ad erogazioni comunque connesse al rapporto di lavoro.

Quanto alla volontà dichiarata dalle parti di attribuire la somma quale incentivo all’esodo, la Corte di Cassazione ha rilevato la ingiustificatezza di una elargizione finalizzata ad agevolare la fuoriuscita del dipendente dall’azienda, per un rapporto di lavoro già cessato al momento della pattuizione.

Pertanto alla luce di tale sentenza gli emolumenti elargiti ai lavoratori nell’ambito transattivo, anche a titolo di incentivo all’esodo, rientrano nell’ampio concetto di retribuzione imponibile ai fini contributivi, di cui alla L. 153/1969, e per l’effetto sono soggetti a contribuzione.