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lunedì 1 marzo 2021

La deducibilità dal reddito ai fini IRPEF dei canoni concessori ex art. 10 comma I lettera a Dpr n. 917/86

La Sentenza n. 203/2021 della Commissione tributaria regionale Toscana di Firenze ha statuito la deducibilità dal reddito ai fini IRPEF, dei canoni concessori ex art. 10 comma I lettera a Dpr n. 917/86 La sentenza in commento rappresenta una pietra miliare sul contenzioso avente ad oggetto la deducibilità dei canoni di concessione Comunale che ormai va avanti da anni tra i contribuenti e l’Agenzia delle Entrate di Viareggio. La vexata quaestio si basa su due assunti diametralmente opposti: - il contribuente ritiene deducibili dal reddito i canoni corrisposti al Comune, che rappresentano il corrispettivo annuale per mantenere in essere il diritto reale di superficie che consente di fare (o mantenere) una costruzione al di sopra del suolo di proprietà Comunale ex art. 952 c.c.; - l’Agenzia delle Entrate, invece, ritiene che il diritto del contribuente non sia un diritto reale, sebbene obbligatorio, non consentendo la deducibilità del canone ex art. 10 dpr. perché rientrante nella fattispecie di cui all’art. 70 dello stesso Dpr.917/86. Con la sentenza in parola la Commissione regionale fiorentina traccia un indirizzo molto netto sulla vicenda: -da una parte statuisce, senza mezzi termini, la realità dei diritti del concessionario tenuto conto della facoltà attribuita al concessionario di costruire opere nella zona assentita in concessione e di costituire su di esse ipoteca, principi già declinati dalla Suprema Corte di Cassazione ed anche dal TAR; -dall’altra, ha statuito, sempre in linea con la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione, che il canone di concessione non costituisce il valore della costruzione, e cioè un entrata a titolo di capitale, bensì la facoltà di mantenere l’opera senza che essa acceda al suolo demaniale stabilendo che i canoni concessori, a prescindere dalla loro realità, abbiano natura di corrispettivo per la concessione del bene, sia quando dalla concessione derivino diritti assimilabili alla locazione, oppure diritti reali limitati quale il diritto di superficie. Ne consegue, in ogni caso, la detraibilità dei canoni ex art. 10 comma 1 lettera a) Dpr n. 917/86, in quanto i canoni costituiscono il presupposto logico giuridico ed economico del reddito derivante dal fabbricato, tenuto conto che la proprietà del fabbricato è condizionata all’esistenza del diritto di superficie che si perpetua mediante il pagamento del canone, quale condizione dell’esistenza stessa del reddito (gravante sul reddito degli immobili), reddito che fra l’altro deriva da contratto di locazione e non corrisponde alla rendita catastale. Per chiarimenti o pareri non esitare a contattarci avv.chiaraconsani@gmail.com Segui la pagina Studio Legale Consani e metti mi piace sarai aggiornato con novità giurisprudenziali e normative.

venerdì 20 dicembre 2013

LA PROROGA FINO AL 2020



Si segnala come l’articolo 34-duodecies del D.L. n. 179/2012, novellando l’articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, ha disposto la proroga sino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali in essere alla data del 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del D.L. n. 194/2009) ed in scadenza entro il 31 dicembre 2015.

Successivamente l’articolo 1, comma 547 della legge n. 228/2012 (legge di stabilità 2013) ha esteso le previsioni dell’articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194/2009, come sopra modificato, alle concessioni aventi ad oggetto:

-          il demanio marittimo, per concessioni con finalità sportive;

-          il demanio lacuale e fluviale per concessioni con finalità turistico-ricreative e sportive;

-          i beni destinati a porti turistici, approdi e punti di ormeggio dedicati alla nautica da diporto.

Sulla scorta di tanto, si può affermare che le coordinate sopra esposte siano riferibili anche alle concessioni di beni pubblici di rilevanza economica, tali cioè da suscitare l'interesse concorrenziale delle imprese, fungendo da parametro di interpretazione ed, al contempo, di limitazione del disposto di cui all'art. 37 cod. nav.

Tanto più ove si consideri che, di recente, anche la giurisprudenza amministrativa di primo grado si è perfettamente allineata all'impostazione comunitaria fatta propria dal Consiglio di Stato, rilevando che “nel rispetto delle regole dettate dal Trattato e dalla giurisprudenza comunitaria le concessioni di beni pubblici possono essere assentite solo in esito ad una procedura di gara caratterizzata da idonea pubblicità preventiva; esse ricadono nel campo di applicazione delle disposizioni comunitarie in relazione ai principi di non discriminazione, parità di trattamento, trasparenza, mutuo riconoscimento e proporzionalità”.

Articolo 34-duodecies
(Concessioni demaniali marittime)

L’articolo 34-duodecies, introdotto al Senato, proroga di cinque anni, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.

La proroga viene concessa novellando l’art. 1, comma 18 del D.L. n. 194 del 2009, convertito con modificazioni dalla legge n. 25/2010 il quale, in attesa della revisione della legislazione nazionale in materia, ha prorogato sino al 31 dicembre 2015 le concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative che erano in essere al 30 dicembre 2009 (data di entrata in vigore del decreto-legge) e la cui scadenza era fissata entro la suddetta data del 31 dicembre 2015.

L’articolo 1, comma 18, del D.L. n. 194 del 2009, stabilisce che, ferma restando la disciplina relativa all'attribuzione di beni a regioni ed enti locali, nelle more del procedimento di revisione del quadro normativo in materia di rilascio delle concessioni di beni demaniali marittimi con finalità turistico-ricreative, da realizzarsi, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento di tali concessioni, sulla base di intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, che è conclusa nel rispetto dei principi di concorrenza, di libertà di stabilimento, di garanzia dell'esercizio, dello sviluppo, della valorizzazione delle attività imprenditoriali e di tutela degli investimenti, nonché in funzione del superamento del diritto di insistenza di cui all'articolo 37, secondo comma, secondo periodo, del codice della navigazione, il termine di durata delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto e in scadenza entro il 31 dicembre 2015 è prorogato fino a tale data.

Il termine di durata delle concessioni in essere viene pertanto prorogato, dall’articolo 34-duodecies in commento, al 31 dicembre 2020.

Lo stesso articolo 18, mediante un richiamo all’articolo 03, comma 4-bis, del decreto-legge. n. 400 del 1993, aveva espressamente confermate le scadenze delle concessioni fissate in una data successiva al 31 dicembre 2015. Il comma 18 aveva inoltre previsto l'abrogazione del secondo periodo del secondo comma dell'articolo 37 del Codice della navigazione che dava preferenza al concessionario uscente in occasione del rinnovo delle concessioni.

Si ricorda che il codice della navigazione, all’art. 37, comma 2, stabiliva che per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative, fosse data preferenza alle richieste che comportano attrezzature non fisse, amovibili, nonché, in caso di rinnovo, fosse data preferenza, rispetto alle nuove, alle concessioni già rilasciate precedentemente.

La necessità di procedere alla revisione della normativa in materia di concessioni demaniali marittime era stata sollevata dall'apertura di una procedura di infrazione comunitaria (n. 2008/4908) nei confronti dell'Italia circa la disciplina che prevedeva il rinnovo automatico delle concessioni e la preferenza accordata al concessionario uscente.

Il legislatore italiano è dapprima intervenuto, come detto, con l’art. 1, co. 18, del D.L. 194/2009[338], abrogando il secondo comma dell'articolo 37 del Codice della navigazione, che dava preferenza al concessionario uscente in occasione del rinnovo delle concessioni. La Commissione europea, con un atto successivo (messa in mora complementare 2010/2734 del 5 maggio 2010), ha però evidenziato ulteriori profili di illegittimità della normativa italiana.

In seguito agli ulteriori rilievi, con l’art. 11 della legge n. 217/2011 (legge comunitaria 2010), è stato abrogato il co. 2 dell’art. 01 del D.L. n. 400/1993, il quale fissava in sei anni la durata delle concessioni demaniali marittime e prevedeva il loro rinnovo automatico alla scadenza per la stessa durata.

L’articolo 11 della legge comunitaria 2010 ha infine delegato il Governo ad emanare, entro il 17 aprile 2013, un decreto legislativo avente ad oggetto la revisione e il riordino della legislazione relativa alle concessioni demaniali marittime.

In conseguenza di questi interventi legislativi, la procedura di infrazione è stata chiusa in data 27 febbraio 2012.
La disposizione andrebbe quindi valutata alla luce del contenuto dei rilievi di compatibilità con il diritto dell’Unione europea oggetto della procedura di infrazione richiamata.
Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 27 febbraio 2012 la Commissione europea ha archiviato la procedura di infrazione n. 2008/4908, che aveva avviato il 29 gennaio 2009, rilevando l’incompatibilità con l’ordinamento dell’UE di alcuni profili della normativa italiana riguardante le concessioni demaniali marittime.

La Commissione ha proceduto all’archiviazione ritenendo che le disposizioni di cui all’articolo 11 della legge comunitaria per il 2010 (legge 15 dicembre 2011, n. 217) rendano conforme la normativa italiana in materia a quella dell’Unione europea.

Con la lettera di messa in mora, con cui era stata avviata la procedura di infrazione, la Commissione europea contestava la compatibilità con l’ordinamento dell’UE dell’art. 37, comma 2, del codice della navigazione, e dell’art. 9, comma 4, della legge regionale Friuli Venezia Giulia 13 novembre 2006, n. 22, che, prevedendo una preferenza per il concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni del demanio pubblico marittimo, risultavano a suo avviso discriminatorie per le imprese provenienti da altri Stati membri.

Facendo seguito all’avvio della procedura di infrazione, il 21 gennaio 2010 il Governo italiano aveva notificato alla Commissione il decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (convertito in legge 26 febbraio 2010, n. 25), volto ad adeguare le disposizioni del Codice della navigazione oggetto di rilievi, eliminando, in particolare, la preferenza in favore del concessionario uscente nell’ambito della procedura di attribuzione delle concessioni.

Dopo aver esaminato tali disposizioni, la Commissione tuttavia aveva tenuto ferma la procedura di infrazione formulando ulteriori contestazioni all’Italia.
In particolare, la Commissione aveva rilevato alcune discrepanze tra il testo originario del decreto-legge n. 194/2009 e quello della relativa legge di conversione la quale, in particolare, all’articolo 1, comma 18, recava un rinvio - non previsto nel decreto legge n. 194/2009 - all’articolo 1, comma 2, del decreto legge 5 ottobre, 1993, n. 400.
La Commissione aveva ritenuto che i rinvii alle norme in questione, stabilendo esse il rinnovo automatico, di sei anni in sei anni, per le concessioni che giungono a scadenza, privassero nella sostanza di effetto il decreto-legge n. 194/2009, fossero contrari alla normativa UE, in particolare con riferimento:
§       all’articolo 12 della direttiva 2006/123/CE sui servizi nel mercato interno che prevede una procedura di selezione imparziale e trasparente, con un’adeguata pubblicità, nel caso in cui il numero delle autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato a causa della scarsezza delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili. Il paragrafo 2 dell’articolo 12, inoltre, vieta il rinnovo automatico delle autorizzazioni nonché eventuali altri vantaggi al prestatore uscente. La Commissione riteneva che le concessioni di beni pubblici marittimi oggetto della procedura di infrazione costituissero autorizzazioni il cui numero è limitato ai sensi dell’articolo 12 in esame; pertanto l’articolo 01, comma 2, del decreto-legge n. 400/93, violava il citato articolo 12 laddove favoriva l’attribuzione di concessioni marittime a concessionari già titolari di una concessione e quindi già stabiliti in Italia, attribuendo un privilegio ai prestatori uscenti per i quali viene rinnovata la concessione senza applicare una procedura imparziale o trasparente;
§       all’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’UE che vieta le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro. A tale riguardo la Commissione richiamava alla giurisprudenza della Corte di giustizia che ha sottolineato l’incompatibilità delle norme nazionali che rendono più difficile l’accesso al mercato di operatori provenienti dagli altri Stati membri[340]. Sottolineava altresì che nel caso del rinnovo automatico delle concessioni marittime a favore dell’operatore uscente previsto dalla normativa italiana non si possano applicare le deroghe previste dagli articoli 51 e 52 del medesimo Trattato (attività che partecipano all’esercizio di pubblici poteri, motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica).

martedì 19 luglio 2011

LA DIRETTIVA BOLKESTEIN E LE CONCESSIONI DEMANIALI:

Nel gennaio 2009 la Commissione Europea ha trasmesso al Governo Italiano un documento di infrazione in materia di affidamento delle concessioni demaniali marittime.

La Direttiva in esame è stata scritta e proposta dall'ex Commissario Europeo per la Concorrenza e il Mercato Interno della UE, Frits Bolkestein, La proposta è stata approvata all'unanimità dalla Commissione Europea, presieduta all'epoca da Romano Prodi.

L’OBBIETTIVO DELLA BOLKESTEIN:
La direttiva comunitaria 2006/123/CE, si pone l'obiettivo di “eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento dei prestatori negli Stati membri e alla libera circolazione dei servizi tra Stati membri nonché garantire ai destinatari e ai prestatori la certezza giuridica necessaria all’effettivo esercizio di queste due libertà fondamentali del trattato.”

Il legislatore comunitario vuole abbattere le barriere economiche e strutturali che, di fatto, ancor oggi non consentono la piena libertà di circolazione e la completa e garantita libertà di stabilimento.

LE INFRAZIONI CONTESTATE:
In particolare si contesta all’Italia in ordine alle concessioni demaniali delle spiagge:
-       la compatibilità del diritto preferenziale di insistenza di cui all’art. 37 cod. nav. con i principi di cui all’art. 43 Trattato Ce e dell’art.12 di cui alla direttiva servizi n. 2006/123/CE;
-       la compatibilità  del rinnovo automatico della concessione alla scadenza sessennale di cui all’art. 1, c. 2, d.l. 400/1993, conv. L. 494/1994, e successivamente modificato dall’art. 10 L. 88/2001.

A parere della Commissione Europea detti due aspetti contrastano con i principi di libertà di stabilimento delle imprese comunitarie (art. 43 Trattato CE) e di imparzialità, trasparenza e pubblicità delle procedure di selezione dei concessionari (art. 12, direttiva 2006/123/CE).

AMBITO APPLICATIVO:
Tra i settori che coinvolgono detta direttiva si parla di “servizi ai consumatori, quali i servizi nel settore del turismo, compresi i servizi ricreativi, i centri sportivi, i parchi di divertimento”, ricomprendendosi fra i destinatari della normativa anche le imprese turistico-balneari esistenti nel nostro territorio.

IL SISTEMA NORMATIVO DELLE CONCESSIONI BALNEARI IN ITALIA:
E’ opportuno esporre il sistema vigente della normativa di settore.

Il demanio marittimo, nel nostro Paese, è regolato oltre che dall’art 822 c.c. in ordine al demanio pubblico, da alcune leggi speciali ed in particolare:

- Art. 36 del codice della navigazione dispone al primo comma che:
“L'amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l'occupazione e l'uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo.”


- Art. 37 del medesimo codice dispone che:
Nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell'amministrazione, risponda ad un più rilevante interesse pubblico.
Al fine della tutela dell'ambiente costiero, per il rilascio di nuove concessioni demaniali marittime per attività turistico-ricreative è data preferenza alle richieste che importino attrezzature non fisse e completamente amovibili. E' altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze.
Qualora non ricorrano le ragioni di preferenza di cui ai precedenti commi, si procede a licitazione privata.”

- L’articolo 1 del d.l. n. 400/1993 ha stabilito che “la concessione dei beni demaniali marittimi può essere rilasciata, oltre che per servizi pubblici e per servizi e attività portuali e produttive, per l'esercizio delle seguenti attività: a) gestione di stabilimenti balneari; b) esercizi di ristorazione e somministrazione di bevande, cibi precotti e generi di monopolio; c) noleggio di imbarcazioni e natanti in genere; d) gestione di strutture ricettive ed attività ricreative e sportive; e) esercizi commerciali; f) servizi di altra natura e conduzione di strutture ad uso abitativo, compatibilmente con le esigenze di utilizzazione di cui alle precedenti categorie di utilizzazione” e che (comma 2) tali concessioni avrebbero avuto, sic et simpliciter, durata quadriennale ovvero altra durata concessa e autorizzata a partire da motivata richiesta degli interessati”;

- la legge n.88/2001 (“Nuove disposizioni in materia di investimenti nelle imprese marittime”) all'articolo 10 (“Disposizioni concernenti le concessioni dei beni demaniali marittimi”), ha introdotto il meccanismo del rinnovo automatico della durata delle concessioni demaniali marittime, posto che “le concessioni di cui al comma 1, indipendentemente dalla natura o dal tipo degli impianti previsti per lo svolgimento delle attività, hanno durata di sei anni. Alla scadenza si rinnovano automaticamente per altri sei anni e così successivamente ad ogni scadenza, fatto salvo il secondo comma dell'articolo 42 del codice della navigazione”, quest'ultimo inciso facendo salvo il potere di “revoca delle concessioni” previsto nel Codice anzidetto.

- La legge n. 296/2006 ha modificato l'articolo 3 del d.l. n. 400/1993 prevedendo la possibilità di essere titolari di concessioni demaniali marittime per una durata non inferiore a 6 anni e non superiore a 20 anni “in ragione dell'entità e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni”;

IL CANONE DELLA CONCESSIONE:
La nuova disciplina dettata dalla legge finanziaria 2007 modifica il precedente impianto normativo, prevedendo per la prima volta un'articolazione dei criteri di quantificazione dei canoni. Accanto al canone tabellare, che continua ad applicarsi per alcune tipologie di beni demaniali oggetto di concessione, viene introdotto un canone commisurato al valore di mercato, sia pure mitigato da alcuni accorgimenti e abbattimenti.


L’ARTICOLO 12 DELLA DIRETTIVA COMUNITARIA:
L’articolo 12 della direttiva prevede che “qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento”. In tali casi “l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”.


L’IMPATTO DELLA DIRETTIVA SUL SISTEMA NORMATIVO ITALIANO:

Per effetto della “direttiva servizi”, le concessioni sul demanio marittimo non potranno più essere rinnovate automaticamente, non valendo più il diritto di insistenza, ma anzi dovranno essere oggetto di un bando con procedura di evidenza pubblica alla scadenza temporale di ogni concessione.

Le nostre imprese balneari sono tipicità nazionali a tutti gli effetti e offrono un monitoraggio costante del territorio sia da un punto di vista ambientale che della pubblica sicurezza della balneazione.  

Gran parte degli attuali concessionari, che rappresentato da piccoli imprenditori, sono preoccupati di veder vanificati gli sforzi compiuti in lunghi anni di lavoro nella creazione del valore economico degli stabilimenti balneari.

Il quadro normativo italiano, prima della direttiva servizi,  era più certo tanto che ha dato la possibilità ai concessionari balneari di investire diversi milioni di euro nelle strutture turistiche ricettive, soprattutto a partire dal 2006, anno in cui si è assistito a un forte rinnovamento delle strutture balneari che, grazie al rinnovo automatico, hanno permesso agli istituti bancari di iscrivere ipoteca sulle strutture (previo nulla osta degli uffici demaniali) per mutui di durata anche ventennale.

LE COSTRUZIONI REALIZZATE DAI CONCESSIONARI:
Il concessionario di un’area demaniale, sulla quale abbia ottenuto l’autorizzazione ad edificare opere rimuovibili , è titolare di un diritto reale su beni demaniali “assimilabile” al diritto di superficie regolato dall’art. 952 cod. civ. avente natura temporanea e soggetta ad una peculiare regolamentazione in ordine al momento della sua modificazione, estinzione o cessazione.  

L’INDENNIZZO IN FAVORE DEI CONCESSIONARI:
L’art. 49 del codice della navigazione dispone che"…quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell'autorità concedente di ordinarne la demolizione, con restituzione del bene demaniale al pristino stato", richiama in pratica l'istituto dell'accessione, di cui all'art. 934 cod. civ. - con deroga al principio dell'indennizzo, di cui al successivo art. 936 - va interpretato nel senso che l'accessione si verifica "ipso iure", al termine del periodo di concessione.
A norma dell'art. 49 del codice della navigazione, sono soggette ad accessione, al termine del rapporto concessorio, solo le opere "non amovibili", nel presupposto che per tali opere, destinate a restare sul territorio o ad essere distrutte, debba assicurarsi la piena disponibilità per l'ente proprietario del suolo, a fini di corretta gestione delle medesime nell'interesse pubblico.

Una recentissima sentenza del Consiglio di Stato in sede Giurisdizionale (26.05.2010) ha dichiarato che “può giustificare l’inapplicabilità del principio dell’accessione gratuita, fortemente penalizzante per i superficiari, quando il titolo concessorio preveda forme di rinnovo automatico e preordinato in antecedenza rispetto alla data di naturale scadenza della concessione, tanto da figurare il rinnovo stesso, al di là del nomen juris, come una vera e propria proroga, protraendosi il medesimo rapporto senza soluzione di continuità”.

Questa sentenza potrebbe aprire le porte ad un eventuale indennizzo che lo Stato od il “nuovo” concessionario dovrebbe corrispondere al “vecchio” per caso di mancato rinnovo della concessione a seguito di miopia del legislatore, in quanto quest’ultimo, altrimenti, avrebbe diritto di demolire tutti i manufatti dal medesimo costruiti, rendendo assolutamente inappetibile l’acquisizione degli stabilimenti balneari da parte dell’Agenzia del Territorio, in quanto l’Agenzia di fatto non acquisirebbe che “rena”.


I PROVVEDIMENTI DELLO STATO ITALIANO:

IL DECRETO MILLEPROROGHE:
Con l’approvazione della Legge n 25 del 26/2/2010 con il quale è stato convertito in legge il decreto Milleproroghe è stato abrogato il secondo periodo dell’art. 37 del Codice della navigazione, sopprimendo il diritto di insistenza per il rinnovo della concessione ed è stata prorogata al 31 dicembre 2015 la proroga delle concessioni demaniali e conferma il disposto dell'art. 3 comma 4 bis della legge 494/93 attinente alla possibilità per gli imprenditori di correlare l'ammontare degli investimenti con la durata della concessione.

IL FEDERALISMO DEMANIALE:
Con il Decreto Legislativo n. 85 del 28 Maggio 2010 sul c.d “federalismo demaniale”, è stata attribuita la titolarità di gran parte dei beni del demanio dello Stato alle Regioni, Province, Comuni e Città Metropolitane.
Detto decreto, in effetti non cambia nulla della disciplina delle concessioni demaniali marittime e dei canoni che vengono pagati per esse.
Il 1° comma dell’art. 4 stabilisce, che i beni del demanio marittimo non entrano a far parte del patrimonio disponibile delle Regioni (restando, quindi, nel patrimonio indisponibile di esse), a differenza della maggioranza dei beni demaniali trasferiti, e che essi restano assoggettati al regime stabilito dal Codice Civile, dal Codice della Navigazione, dalle leggi statali e regionali (comprese, quindi, la Legge 296/2006 - Legge Finanziaria per il 2007, che prevede gli attuali canoni di concessione e tutte le Leggi Regionali che disciplinano il rilascio delle concessioni demaniali marittime) e dalle norme comunitarie di settore, con particolare riguardo a quelle di tutela della concorrenza (Direttiva CE 123/2006, la c.d. Direttiva “Bolkestein” sulla concorrenza nel settore dei servizi). Su questi beni non possono, quindi, essere costituiti diritti di superficie. Inoltre preme evidenziare, come le Regioni non abbiano in ogni caso  la competenza legislativa per determinare la misura dei canoni delle concessioni demaniali marittime, dato che tale facoltà è attribuita allo Stato, ai sensi del 3° comma dell’art. 117 della Costituzione.


IL TENTATIVO DEL DECRETO SVILUPPO “IL DIRITTO DI SUPERFICIE” RISCHIO SCONGIURATO:

Inizialmente il Decreto Sviluppo proponeva che “Fermo restando il diritto di passaggio sulle spiagge che è inviolabile, tutto ciò che è terreno su cui insistono gli insediamenti turistici (chioschi, stabilimenti balneari, strutture ricettive) sarà oggetto di diritto di superficie che dura 90 anni (poi ridotto a 20 anni).”

Il Governo nell’attuazione del Decreto Sviluppo è stato costretto a fare marcia. Il diritto di superficie ventennale sulle spiagge oltre ad essere una minaccia per l’ambiente e per le coste italiane, di fatto rappresentava un rischio anche per le migliaia di imprese del settore balneare. Allo scadere del diritto di superficie infatti la titolarità delle costruzioni realizzate veniva acquisita automaticamente al demanio.


LE POSSIBILI SOLUZIONI:

1) Si deve sollecitare il legislatore comunitario a interpretare la direttiva in questione, escludendo dall'applicazione della direttiva servizi il settore turistico-balneare e ricreativo.
La Direttiva Servizi Bolkestein è rivolta ai "servizi pubblici", a quelle attività che gli Stati o gli Enti territoriali delegano a loro "partecipate" o a imprese private, affinchè svolgano "servizi diretti"a favore della collettività, che essi Stati o Enti non possono o scelgono di non svolgere (ferrovie, poste, ospedali....etc..).
Essa, quindi, non è idonea a disciplinare le "imprese balneari", che utilizzano una pubblica superficie quale "strumento" aziendale offrendo un servizio privato e non pubblico.

Gli stabilimenti balneari sono stati riconosciuti come imprese turistiche dall'art. 7 della legge 27 marzo 2001 n. 133 la quale ha dissolto ogni incertezza in tal senso.

2) Si deve altresì far leva sulla esistenza di un “rilevante settore di mercato delle concessioni di demanio marittimo” rispetto al quale opera un impianto normativo domestico, derogatorio a quello comunitario ma rispettoso dei principi generali di quest'ultimo. Si rileva l’opportunità del rilascio di titoli autorizzativi più lunghi con la previsione di una indennizzo d'ingresso o il rilascio di una concessione demaniale non frazionata affidata a consorzi di balneatori.

3) Altra soluzione potrebbe essere la “sdemanializzazione” degli arenili, conseguente a una operazione di ridimensionamento della fascia di spiaggia (che resterebbe bene demaniale), successivamente perimetrata e differenziata dall'arenile (il quale ultimo verrebbe, invece, ceduto in proprietà agli odierni concessionari).

4) Ulteriore soluzione potrebbe essere quella di assecondare la direttiva europea. Con un meccanismo, che preveda le aste concedendo al proponente la possibilità di commisurare la durata della concessione all’entità degli investimenti previsti, il tutto con la massima trasparenza per selezionare la migliore proposta sia da un punto di vista economico (il canone-prezzo di concessione che sarà poi incassato dall’Amministrazione locale) sia sulla qualità e la varietà dell’attività su criteri come “salute pubblica, politiche sociali, ambientali e della salvaguardia del patrimonio culturale” e di altri ancora collegati all’interesse generale.

5) Sono allo studio, da parte dell'Esecutivo, l'istituzione dei distretti "turistico-balneari" con i quali tentare di tenere fuori dall'applicazione della Bolkestein le nuove realtà (stabilimenti, alberghi, centri congressi) che verranno nelle località turistiche di mare o di lago, con le agevolazioni previste per i distretti o per i contratti di rete di imprese.

CONCLUSIONE:
Questo studio legale sta affrontando l’approfondimento della problematica inerente alla applicazione della Direttiva Comunitaria in esame ai Balneari.

Nella speranza che il nostro legislatore risolva al più presto la questione dei Balneari tutelando i diritti di una categoria così importante per l’impresa dei servizi privati italiana, siamo a disposizione dei Balneari per ogni consulenza.