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giovedì 17 marzo 2022

DISACCORDO TRA I GENITORI SUL VACCINO ANTICOVID AL FIGLIO MINORE: DECIDE IL TRIBUNALE

 

DISACCORDO TRA I GENITORI SUL VACCINO ANTICOVID AL FIGLIO MINORE: DECIDE IL TRIBUNALE

In caso di dissenso tra i genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul figlio minore in ordine alla somministrazione a quest’ultimo del vaccino anti-Covid, può essere interpellato il Tribunale territorialmente competente, che deciderà in merito.

L’art. 3 l. n. 219/2017 prevede che: «il consenso informato al trattamento sanitario del minore è espresso o rifiutato dagli esercenti la responsabilità genitoriale tenendo conto della volontà della persona minore, in relazione alla sua età e al suo grado di maturità, e avendo come scopo la tutela della salute psicofisica e della vita del minore nel pieno rispetto della sua dignità».

Con il ricorso ex art. 709-ter c.p.c. si possono quindi superare i contrasti nell'esercizio della responsabilità genitoriale anche in ambito sanitario.

In particolare, i Tribunali Italiani chiamati a decidere su questa questione hanno autorizzato la vaccinazione, ritenuta corrispondente agli interessi del minore valutato il concreto pericolo per la salute del minore, il diffondersi della malattia sul territorio nazionale, la circostanza che i trattamenti vaccinali sono considerati dalla comunità scientifica efficaci, con l’effetto che con dette pronunce viene sospeso momentaneamente la responsabilità del genitore contrario al vaccino.

Per ogni chiarimento non esitare a contattarmi via una e-mail: avv.chiaraconsani@gmail.com

giovedì 18 febbraio 2021

POLIZZE VITA – DESIGNAZIONE - SUCCESSIONE IURE PROPRIO

Le polizze assicurative sulla vita si prestano ad essere utilizzate sia per la protezione del patrimonio (con un’importante funzione previdenziale), sia nell’ambito della pianificazione del passaggio generazionale e della successione in genere. In virtù della loro funzione previdenziale, le polizze sulla vita sono caratterizzate da impignorabilità e insequestrabilità. La legge dispone che le somme dovute dall’assicuratore al contraente o al beneficiario non possono essere sottoposte ad azione esecutiva o cautelare, dunque sono impignorabili ed insequestrabili. Sono però fatte salve, rispetto ai premi pagati, le disposizioni relative alla revocazione degli atti compiuti in pregiudizio dei creditori (azione revocatoria) e quelle relative alla collazione, all'imputazione e alla riduzione delle donazioni. (art. 1923 c.c.). I creditori del contraente possono, dunque, far valere i propri diritti (esercitando l’azione revocatoria, se ne ricorrono i presupposti) sulla somma dovuta dalla compagina assicuratrice soltanto fino all’importo dei premi pagati dal contraente, e non sull’intera somma liquidata. Anche ai fini di determinare l’eventuale lesione dei diritti di legittima, si deve tenere conto soltanto della somma dei premi pagati dal contraente, e non della somma che viene liquidata al beneficiario dalla compagnia assicuratrice. La giurisprudenza ha precisato che l’impignorabilità e insequestrabilità riguarda soltanto la disciplina civile e non la responsabilità penale, in presenza della quale è possibile il sequestro preventivo (si veda, per esempio, Cass. 6 maggio 2014, n. 18736, relativa a un ipotesi di evasione fiscale, e Cass. 2 maggio 2007, n. 16658). La Corte di Cassazione ritiene inoltre che l’impignorabilità ed insequestrabilità della polizza sulla vita si applichi anche in caso di fallimento (Cass. 31 marzo 2008, n. 8271). Un aspetto importante alle polizze vita ed alla designazione del beneficiario attiene all'interpretazione della clausola con cui il contraente di un'assicurazione sulla vita designa quali beneficiari i propri eredi legittimi. Non è chiaro, infatti, se il riferimento alle regole sulla devoluzione ereditaria assuma rilevanza solo ai fini dell'individuazione dei soggetti o anche ai fini della ripartizione tra loro della somma assicurata. Nelle polizze vita esistono fondamentalmente quattro parti: il contraente, l’assicurato (che spesso coincidono), il beneficiario e l’assicuratore. Com’è noto, poi, la polizza vita ha la natura di un contratto a favore di un terzo, ossia di un contratto nel quale il beneficiario ottiene per diritto proprio inter vivos l’indennità, sebbene la liquidazione avvenga solo successivamente alla morte dell’assicurato. È infine, pacifico che i beneficiari possano sempre essere modificati, salvo che il beneficio sia stato accettato e perciò sia irrevocabile Il contratto di assicurazione difetta di quell'elemento essenziale dei negozi a causa di morte che consiste nell'attribuzione di un quod superest appartenente al patrimonio del de cuius al quale, invece, restano estranee le somme assicurate, a prescindere dalla forma della designazione. Anche in caso di designazione testamentaria, infatti, a dispetto di quanto affermato dalla tesi più tradizionale, l'acquisto deve intendersi pur sempre come acquisto tra vivi, limitandosi in tal caso il testamento a veicolare una manifestazione di volontà priva di carattere attributivo Molto spesso i beneficiari vengono individuati con designazioni che richiamano categorie generiche, o per relazione, quali “eredi legittimi”. Da questa generica designazione potrebbe nascere dei problemi. 1 – Se dopo la stipula dell’assicurazione e la designazione generica in favore degli eredi legittimi procedo alla stipula di un testamento il beneficiario della polizza cambia? Il potere di revoca della designazione fatta nel contratto di assicurazione si può realizzare attraverso la specifica individuazione di un nuovo soggetto beneficiario compiuta con il contratto o con il testamento, ma in quest’ultimo caso dovrà contenere un esplicito riferimento alla modifica dei beneficiari della polizza stessa, altrimenti vale la prima generica individuazione fatta nei confronti degli eredi legittimi. In pratica il testamento successivo alla stipula della polizza non revoca automaticamente la designazione dei beneficiari nella polizza sostituendo gli eredi testamentari a quelli legittimi, ma occorre un espresso riferimento alla loro revoca, quali beneficiari della polizza, in quanto il diritto si è acquisito al momento della designazione, anche se la liquidazione avviene in momento successivo, ossia al momento della morte dell’assicurato. Per evitare rischi è opportuno, non solo revocare espressamente nel testamento la designazione fatta in polizza, ma indicare nominativamente i beneficiari, nonché i vari sostituti, in una sorta di rappresentazione volontaria e non legale (art.1412, 2 comma c.c.). 2 – Se indico genericamente quali beneficiari gli eredi legittimi come avviene la liquidazione della polizza? La generica designazione degli eredi legittimi senza l’esatta identificazione delle quote da liquidare a ciascun beneficiario, in quanto è discusso se la suddivisione debba avvenire in parti uguali, oppure secondo il criterio proporzionale indicato dalla legge per le quote attribuite al singolo erede. Ebbene la Corte di Cassazione precisa che “quando in un contratto di assicurazione sulla vita sia stato previsto per il caso di morte dello stipulante che l’indennizzo debba corrispondersi agli eredi tanto con formula generica, quanto e, a maggior ragione, con formulazione evocativa degli eredi testamentari o in mancanza degli eredi legittimi, tale clausola, sul piano della corretta applicazione delle norme di esegesi del contratto e, quindi, conforme a detta disposizione, dev’essere intesa sia nel senso che le parti abbiano voluto tramite dette espressioni individuare per relationem con riferimento al modo della successione effettivamente verificatosi negli eredi chi acquista i diritti nascenti dal contratto stipulato a loro favore (art. 1920, comma secondo e terzo, cod. civ.), sia nel senso di correlare l’attribuzione dell’indennizzo ai più soggetti così individuati come eredi in misura proporzionale alla quota in cui ciascuno è succeduto secondo la modalità di successione effettivamente verificatasi, dovendosi invece escludere che, per la mancata precisazione nella clausola contrattuale di uno specifico criterio di ripartizione che a quelle modalità di individuazione delle quote faccia riferimento, che le quote debbano essere dall’assicuratore liquidate in misura eguale”. In questo contesto, per evitare questi rischi o equivoci potrebbe essere opportuno indicare anche la misura della quota, precisando anche l’accrescimento qualora qualcuno non possa o non voglia profittarne. PER CHIARIMENTI E CONSULENZE SCRIVERE ALLA SEGUENTE MAIL: avv.chiaraconsani@gmail.com

venerdì 31 luglio 2020

I FIGLI DELLE COPPIE DELLO STESSO SESSO

Mai più di oggi è evidente l’esigenza giuridica di garantire ai figli delle coppie dello stesso sesso la stabilità del rapporto con coloro che di fatto esercitano una funzione genitoriale nei loro confronti. In questi casi non si tratta di trovare un genitore per un bambino abbandonato ma di tutelare e coprire giuridicamente situazioni in cui un bambino ha già chi si occupa di lui, dove vi è già un “genitore di fatto” che è tuttavia privo di riconoscimento legale formale (sul “valore” dei legami genitoriali di fatto, cfr. legge 173 del 2015 e Corte Cost. n. 225 del 2016). Nel nostro ordinamento l'adozione ordinaria da parte di coppie formate da persone dello stesso sesso  non è espressamente prevista. Il procedimento adottivo è riservato ai coniugi e non si estende alle parti dell'unione civile e neppure ai conviventi di fatto eterosessuali o omosessuali. Secondo l'interpretazione dominante in Giurisprudenza, ciascun partner dell'unione civile potrà esclusivamente adottare il figlio biologico dell'altro. In questi termini si è pronunciato da ultimo il Tribunale per i Minorenni di Bologna il 25 giugno 2020 sulla scorta del Tribunale per i Minorenni di Roma che con la sentenza 30 luglio 2014 (est. Cavallo) ha inaugurato una presa di posizione ermeneutica confermata (Trib. Minorenni Roma, 22 ottobre 2015, est. Cavallo; Trib. Minorenni Roma, 23 dicembre 2015, est. Cavallo), anche nel secondo grado. In particolare, secondo il giudice d’appello romano, «nell’ipotesi di minore concepito e cresciuto nell’ambito di una coppia dello stesso sesso, sussiste il diritto ad essere adottato dalla madre non biologica, secondo le disposizioni sulla adozione in casi particolari ex art. 44 lett. D della Legge 4 maggio 1983, n. 184, sussistendo, in ragione del rapporto genitoriale di fatto instauratosi fra il genitore sociale ed il minore, l’interesse concreto del minore al suo riconoscimento; la sussistenza di tale rapporto genitoriale di fatto e del conseguente superiore interesse al riconoscimento della bigenitorialità devono essere operate in concreto sulla base delle risultanze delle indagini psico-sociali» (Corte App. Roma, 23 dicembre 2015, Pres. Montaldi, est. Pagliari). La Corte di Cassazione con la Sentenza 26 maggio 2016 n. 12962, ai fini ermeneutici ritiene che anche le coppie dello stesso sesso possano procedere all’adozione dei rispettivi figli ai sensi dell'art. 44, comma 1°, lett. d, che tramite il rinvio alla impossibilità di procedere all'affidamento preadottivo, consente l'adozione anche qualora il minore non si trovi in stato di abbandono, in quanto vi sia almeno uno dei genitori che adempia ai doveri ed eserciti i diritti che connotano la responsabilità genitoriale ai sensi dell'art. 315-bis c.c. La scelta di privilegiare l'adozione a favore dei partners delle unioni civili nei confronti del figlio biologico dell'altra parte tramite l'art. 44, comma 1°, lett. d, qualora si sia realizzato tra l'aspirante adottante e l'adottando uno stabile rapporto corrispondente all'esercizio della responsabilità genitoriale, trova giustificazione nella tutela dell'interesse del minore espressamente previsto dall'art. 57, n. 2, l. n. 184 del 1983 . In sostanza quest'ultimo giustifica il compimento dell'adozione che risulta in concreto rivolto ad offrire la copertura giuridica ad una situazione di fatto in essere da anni. Si tratta quindi di garantire al minore la c.d. continuità affettiva, che costituisce una esigenza primaria avvertita dal legislatore anche nel corso degli ultimi interventi che hanno interessato il diritto di famiglia. Inoltre, l'adozione da parte di partners di unioni civili secondo le modalità delineate dall'art. 44, comma 1°, lett. d, l. n. 184 del 1983 consente di evitare qualsiasi discriminazione tra coppie conviventi eterosessuali e omosessuali . Tant'è che il disconoscimento per le seconde del diritto ad adottare sarebbe da ritenere contrario alla ratio legis, al dato costituzionale ed ai princìpi della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Da ultimo la legge Cirinnà n. 76 del 2016 ha eletto le coppie formate da persone dello stesso sesso al rango di “famiglia” così offrendo all’adozione in casi particolari, un substrato relazionale solido, sicuro, giuridicamente tutelato. La legge ha confermato poi l’orientamento della Cassazione inserendo la c.d. «clausola di salvaguardia nell’articolo 1 comma 20: “al solo fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile tra persone dello stesso sesso, le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e le disposizioni contenenti le parole « coniuge », « coniugi » o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso. La disposizione di cui al periodo precedente non si applica alle norme del codice civile non richiamate espressamente nella presente legge, nonché alle disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184. Resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozione dalle norme vigenti”. In questo modo, tale disposizione apre alla possibilità di un’applicazione alle unioni civili delle disposizioni in materia di adozioni, ma solo, per l’appunto, nei limiti del diritto vigente. Per una consulenza o parere non esitare a contattarmi avv.chiaraconsani@gmail.com

lunedì 20 maggio 2019

IL DIRITTO DI ABITAZIONE IN CASO DI MORTE CONIUGE SEPARATO NON PIU’ CONVIVENTE


La Corte di Cassazione, con la sentenza 22 ottobre 2014, n. 22456, precisa che il diritto di abitazione sulla casa familiare, non può essere attribuito al coniuge superstite quando lo stesso sia legalmente separato e non più convivente nella casa oggetto della disposizione successoria.

In caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare al momento dell’apertura della successione fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione del diritto reale di abitazione al coniuge superstite.

L'art 540 c.c. riserva al coniuge del defunto il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la arredano.

L’art 548 c.c. attribuisce genericamente al coniuge separato cui non è stata addebitata la separazione, gli stessi diritti successori del coniuge non separato, si era ritenuta l’estensione automatica del diritto di abitazione.

Solo di recente la giurisprudenza di legittimità ha chiarito la questione dopo un decennio di contrastanti interpretazioni.

La sentenza n. 13.407 del 12/06/2014 ha ritenuto che il diritto reale di abitazione, riservato per legge al coniuge superstite ha ad aggetto l'immobile che in concreto era adibito a residenza familiare in cui entrambi i coniugi vivevano insieme stabilmente organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare.

La Ratio della norma di cui all’art 540 c.c. non è tanto la tutela dell' ”interesse economico” del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto dell'”interesse morale” legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare.

Ad esempio: la conservazione della memoria del coniuge scomparso, e lo stato sociale goduto durante il matrimonio.

In caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l'impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell'attribuzione del diritto di abitazione.

In maniera del tutto speculare la legge Cirinnà (L. n. 76/2016) ha previsto una specie di “diritto di abitazione sulla casa familiare”, anche se limitato nel tempo, al partner del defunto unito civilmente ricalcando, quindi, la disciplina dell’art. 540 Cod. Civ..

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venerdì 30 novembre 2012

LEGGE STORICA I FIGLI NATURALI COME QUELLI LEGITTIMI


Il Parlamento ha approvato definitivamente un progetto di legge volto ad eliminare dall'ordinamento le residue distinzioni tra figli legittimi e figli naturali, affermando il principio dell'unicità dello stato giuridico dei figli.

Il 27 novembre 2012 l'Assemblea della Camera ha definitivamente approvato l'AC. 2519-B.

Il provvedimento era già stato approvato dalla Camera in prima lettura nel giugno 2011, per essere poi modificato dal Senato il 16 maggio 2012. La Camera in seconda lettura non ha apportato ulteriori modifiche al testo.

L'AC. 2519-B, approvato dalla Camera il 27 novembre 2012, consta di sei articoli concernenti:

- nuove disposizioni, sostanziali e processuali, in materia di filiazione naturale e relativo riconoscimento, ispirate al principio "tutti i figli hanno lo stesso stato giuridico";

- delega al Governo per la modifica delle disposizioni vigenti per eliminare ogni discriminazione tra figli legittimi, naturali e adottivi;

- ridefinizione delle competenze fra tribunali ordinari e tribunali dei minorenni in materia di procedimenti di affidamento e mantenimento dei figli; sono inoltre dettate disposizioni a garanzia del diritto dei figli agli alimenti e al mantenimento;

- disposizioni transitorie e in materia di stato civile (artt. 4 e 5);

- la clausola di invarianza finanziaria.


I principali profili sui quali era intervenuto con modifiche il Senato sono i seguenti:

- art. 251 c.c., con una novella volta ad ampliare le ipotesi di riconoscimento dei figli incestuosi;

- cognome del figlio naturale, con la soppressione della disposizione introdotta dalla Camera che, intervenendo sull'art. 262 c.c., prevedeva che il figlio potesse assumere il cognome del padre aggiungendolo (e non più sostituendolo) a quello della madre;

- art. 276 c.c., in materia di legittimazione passiva alla domanda di dichiarazione giudiziale di paternità naturale;

- competenza del tribunale per i minorenni attraverso l'integrale riformulazione dell'articolo 3 del disegno di legge. Il Senato ha infatti attribuito al tribunale ordinario - al posto del tribunale per i minorenni - un'ampia serie di controversie (dal riconoscimento dei figli naturali all'affidamento del figlio naturale ed al suo inserimento nella famiglia legittima; assunzione del cognome del minore; autorizzazione all’impugnazione del riconoscimento del figlio naturale; decisioni nell’interesse del figlio in caso di contrasto tra i genitori; esercizio della potestà dei genitori; dichiarazione giudiziale di paternità o maternità).


La norma interviene a sanare le differenze ancora esistenti nello status dei figli nati da coppie non sposate. Prima fra tutte, il pieno riconoscimento all’interno della famiglia.
Fino ad ora i figli naturali essi hanno avuto come parenti solo i genitori con profonde ricadute sulla possibilità della famiglia di tutelarli, in caso di scomparsa o impossibilità dei genitori, sul diritto successorio e sulle procedure in caso di separazione, affidate al Tribunale dei minorenni e non a quello ordinario.

La norma ha notevoli effetti sul piano ereditario.

a) Il diritto di commutazione:
La principale discriminazione dei figli naturali rispetto ai figli legittimi è rappresentato dal diritto di commutazione di cui all’articolo 537, comma 2 del codice civile.
Tale norma, prevede, infatti, che “i figli legittimi possono soddisfare in denaro o in beni immobili ereditari la porzione spettante ai figli naturali che non vi si oppongano. Nel caso di opposizione decide il giudice valutate le circostanze personali e patrimoniali”.
Con la riforma in esame venendo meno la distinzione tra i figli naturali e figli legittimi dovrebbe venir meno anche il diritto di commutazione che ad essi si riferiva. Insomma da ora in poi i figli al di fuori del matrimonio non potranno più essere liquidati ma entreranno a pieno titolo e pari merito con i legittimi nella comunione ereditaria.

B) Successione tra fratelli
La novità maggiore riguarda la successione tra fratelli.
Prima della riforma posto che il riconoscimento del figlio naturale  faceva sorgere rapporti solo tra il genitore e figlio riconosciuto e non tra quest’ultimo e i suoi fratelli non vi era alcun rapporto di parentela tra fratelli naturali e fratelli legittimi.
La Corte costituzionale, con la sentenza del 4 luglio 1979 e quella successiva del 12 aprile 1990 n. 184, aveva solo parzialmente posto rimedio a questa situazione stabilendo che alla morte del fratello naturale, l’altro fratello avrebbe ereditato qualora il defunto non avesse coniuge, figli ed altri parenti entro il sesto grado. Pertanto soltanto in assenza di parenti entro il sesto grado sarebbe subentrato il fratello naturale con priorità sullo Stato.
Oggi con l’equiparazione della filiazione naturale a quella legittima, se muore una persona priva di figli, muore, i suoi fratelli erediteranno sia che siano fratelli legittimi o fratelli naturali senza più alcuna discriminazione.



venerdì 25 marzo 2011

FIGLI LEGITTIMI E FIGLI NATURALI FINALMENTE, forse, NON PIÙ DIVERSI:


Il figlio naturale è il figlio generato da un uomo e una donna non legati da un matrimonio valido agli effetti civili.

Evoluzione storico giuridica :

1942
Il diritto di famiglia come codificato nel 1942 concepiva una famiglia fondata sulla discriminazione dei figli nati fuori dal matrimonio, che ricevevano un trattamento giuridico deteriore rispetto ai figli legittimi. Le sue norme dettavano una situazione di vera inferiorità giuridica dei figli naturali, cioè nati fuori del matrimonio, sacrificandone i diritti a favore di familiari e persino a favore di parenti lontani.

1948
La Costituzione dedica alla famiglia tre articoli.
- L'art. 29 stabilisce che "La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unità familiare".
- L'art. 30 stabilisce che "È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio. Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. La legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità".
- L'art. 31 stabilisce che "La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l'infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo".
Da queste tre disposizioni costituzionali si possono desumere alcuni principi:
il principio di autonomia della famiglia,
il principio di uguaglianza fra i coniugi,
il principio di tutela dei figli nati fuori dal matrimonio,
il principio dell'autonomia educativa,
il principio del sostegno pubblico ai compiti educativi della famiglia.

1975
Il primo libro del codice civile del 1942 venne riformato dalla Legge 19 maggio 1975, n. 151 "Riforma del diritto di famiglia", che apportò modifiche tese ad uniformare le norme ai principi costituzionali in tal senso ha eliminato ogni discriminazione di ordine patrimoniale tra figli naturali e legittimi.

Sono state mantenute solo alcune limitazioni per evitare che la tutela di alcuni interessi dei figli naturali possa creare gravi conflitti all'interno della famiglia legittima:

1) la famiglia legittima ha il diritto di rifiutare di convivere con il figlio naturale di uno dei coniugi.

2) la costituzione legale del rapporto giuridico di filiazione non si costituisce automaticamente, ma solo per effetto di un atto volontario del genitore riconoscimento di figlio naturale o di accertamento a opera del giudice. Ciò non significa che il solo fatto della procreazione non abbia rilevanza giacché essa è comunque fonte di responsabilità dei genitori (per quanto attiene il mantenimento per esempio).

3) i figli naturali non hanno rapporti 'giuridici' con i parenti del loro genitore a eccezione degli ascendenti, cioè nonni e bisnonni. Ciò significa, ad esempio, che non acquisiscono legalmente 'zii' o 'cugini'.

4) in materia di procedura giudiziaria per la regolamentazione dei rapporti personali e patrimoniali in caso di cessazione della convivenza dei genitori, la competenza a decidere dell'affidamento e del mantenimento dei figli naturali minorenni o maggiorenni non autosufficienti sarà del Tribunale per i Minorenni anziché del Tribunale Ordinario, come è invece per i figli legittimi in caso di separazione dei genitori.

 5) Art 537 C.C. in caso di concorso all'eredità dei genitori con figli legittimi della coppia (quindi con i fratelli nati in costanza di matrimonio), i figli naturali possono veder liquidata in denaro la quota di eredità loro spettante anziché acquisire i beni che sarebbero loro riservati.
Ciò non significa che abbia diritto ad una quota minore di eredità ma solo che i fratelli legittimi potranno esercitare l'opzione di riconoscere ai fratelli naturali l'equivalente in denaro della loro parte anziché l'assegnazione dei beni.

Il legislatore della riforma del diritto di famiglia, modificando radicalmente quanto in precedenza previsto dall’art. 541 cod. civ. (abrogato dall’art. 177 della stessa legge n. 151 del 1975) – ha equiparato i diritti successori dei figli legittimi e naturali, contestualmente rimodulando il menzionato diritto di commutazione (che riguarda la fase di divisione dell’asse ereditario), trasformato da insindacabile diritto meramente potestativo attribuito ai figli legittimi a diritto ad esercizio puntualmente controllato, in quanto soggetto alla duplice condizione della mancata opposizione del figlio naturale e della decisione del giudice, «valutate le circostanze personali e patrimoniali».

Occorre rilevare che la Corte Costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità di tale norma anche come riformata nel 1975, con la Sentenza 18 dicembre 2009, n. 335, ha affermato che la norma sopra richiamata si colloca nella prospettiva del progressivo adeguamento della normativa allo spirito evolutivo di cui al precetto costituzionale del terzo comma dell’art. 30, che permea la riforma del diritto di famiglia e che è soggetta anche al limite, stabilito dalla medesima disposizione costituzionale, della compatibilità con i diritti dei membri della famiglia legittima (sentenza n. 168 del 1984).

L’espresso riferimento della Costituzione al criterio di “compatibilità” assume la funzione di autentica clausola generale, aperta al divenire della società e del costume.

In tal senso la Cassazione ha ritenuto che la scelta del legislatore di conservare in capo ai figli legittimi la possibilità di richiedere la commutazione, condizionata dalla previsione della facoltà di opposizione da parte del figlio naturale e dalla valutazione delle specifiche circostanze posta a base della decisione del giudice, non contraddice la menzionata aspirazione alla tendenziale parificazione della posizione dei figli naturali, giacché non irragionevolmente si pone ancor oggi (quale opzione costituzionalmente non obbligata né vietata) come termine di bilanciamento (compatibilità) dei diritti del figlio naturale in rapporto con i figli membri della famiglia legittima.


2010/2011

FORSE ad oggi dopo ben 69 anni di evoluzione storico sociale la nostra società ed il suo costume sono pronti ad una concreta equiparazione tra figli legittimi e figli naturali.

Ad ottobre 2010 il Consiglio dei Ministri ha approvato il disegno di legge delega volto a modificare la disciplina in materia di filiazione con il fine di assicurare una sostanziale equiparazione dei diritti dei figli legittimi con quelli dei figli naturali.

Il disegno di legge si compone di quattro articoli.

1) Il primo introduce modifiche al codice civile: si sposta l’attenzione dal concetto di "potestà dei genitori" al più generale concetto delle relazioni che intercorrono tra genitori e figli. Accanto ai doveri dei genitori - mantenimento, educazione e istruzione (già previsti dalla Costituzione) - viene introdotto il diritto del figlio ad essere assistito moralmente, oltre che a crescere con la propria famiglia, ad avere rapporti con i parenti e ad essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.

Si introduce il principio generale della unicità dello stato giuridico di figlio, per effetto del quale le disposizioni in tema di filiazione si applicano a tutti i figli, senza distinzioni, salvi i casi in cui vi siano ragioni per distinguere i figli nati nel matrimonio da quelli nati fuori del matrimonio (le definizioni di "figli nati nel matrimonio" e "figli nati fuori dal matrimonio", sostituiscono quelle precedenti di "figli legittimi" e "figli naturali", adeguando, in tal modo, il codice civile, alla formula lessicale adottata dall’articolo 30 della Costituzione). 

2) Il secondo contiene la delega al Governo ad intervenire in materia della filiazione e di dichiarazione di stato di abbandono per eliminare ogni residua differenziazione tra i figli anche adottivi.

Alcuni tra i più significativi principi e criteri di delega sono la modifica della disciplina relativa al riconoscimento dei figli nati fuori dal matrimonio: viene affermato il principio che il figlio riconosciuto è parente dei parenti del suo genitore. Si prevede, ai fini del riconoscimento, un abbassamento da 16 a 14 anni, dell’età richiesta per esprimere il consenso. Si afferma l’esigenza di un adeguamento della disciplina relativa all’inserimento del figlio nella famiglia del genitore che lo ha riconosciuto con quella dettata in materia di affidamento condiviso, prevedendosi comunque il consenso dell’altro coniuge convivente e l’ascolto degli altri figli conviventi.

Viene adeguata la disciplina sulle successioni e sulle donazioni con l’obiettivo di eliminare ogni discriminazione tra figli.

Per maggiori approfondimenti si veda: