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lunedì 20 maggio 2019

ASSEGNAZIONE DELLA CASA FAMILIARE IN SEDE DI SEPARAZIONE E DIVORZIO ED OPPONIBILITA’ AI TERZI


Sentenza Cassazione civile, sez. II, 24/01/2018, n. 1744 che conferma l’ormai consolidato orientamento delle Sezioni Unite espresso con la Sentenza n. 11096 del 2002.

La Suprema Corte ha precisato che, il provvedimento di assegnazione della casa coniugale individua una posizione di «detenzione qualificata» a favore del coniuge assegnatario, essendo diretto a tutelare l’interesse della prole a permanere nell’abituale ambiente domestico. Tale diritto è opponibile al terzo che abbia acquistato successivamente una posizione giuridica incompatibile con quella del coniuge assegnatario (Cassazione, Sezioni Unite, 11096/2002); inoltre, il provvedimento giudiziale di assegnazione della casa familiare, in quanto avente data certa, è opponibile al terzo acquirente in data successiva, per nove anni dalla data di assegnazione, sia che il provvedimento giudiziale sia stato o meno trascritto nei Registri immobiliari.

Al principio di opponibilità al terzo acquirente del provvedimento di assegnazione consegue che il terzo è tenuto a rispettare il godimento del coniuge, nei limiti di durata innanzi precisati, quale vincolo di destinazione collegato all'interesse dei figli, e quindi con esclusione di qualsiasi obbligo di pagamento da parte del beneficiario per tale godimento. 
 
Per ogni chiarimento non esitare a contattarmi via una e-mail: avv.chiaraconsani@gmail.com



sabato 4 novembre 2017

LA CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA N. 87 ANNO 2017

La Corte Costituzionale con la Sentenza n.87/2017 dell’Aprile 2017 ha definitivamente chiuso le questioni di incostituzionalità delle norme introdotte sui  contratti di locazione sorti a seguito della denuncia all’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art 3 commi 8 e 9 del Dlgs 23/2011 dichiarando  non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 59, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», nella parte in cui sostituisce l’art. 13, comma 5, della legge 9 dicembre 1998, n. 431 (Disciplina delle locazioni e del rilascio degli immobili adibiti ad uso abitativo).
Si ricordano le precedenti Sentenze della Corte Costituzione in materia e precisamente:
i commi 8 e 9 dell’art. 3 del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23 (Disposizioni in materia di federalismo Fiscale Municipale) – introduttivi di una disciplina “premiale” che, a beneficio dei conduttori che denunciavano al fisco il contratto non tempestivamente registrato dal locatore con clausole particolarmente favorevoli all’inquilino, che gli avrebbero assicurato una considerevole stabilità del rapporto locativo – sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi per violazione dell’art. 76 Cost., con sentenza di questa Corte n. 50 del 2014, in quanto estranei agli obiettivi ed ai criteri della legge di delega 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione).

il comma 1-ter dell’art. 5 del decreto-legge 28 marzo 2014, n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015), convertito, con modificazioni, dalla legge 23 maggio 2014, n. 80 – con cui erano «fatti salvi, fino alla data del 31 dicembre 2015, gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23» – è stato, a sua volta, dichiarato costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 136 Cost., con sentenza n. 169 del 2015, depositata il 16 luglio 2015.

E in ragione di tali premesse, è stato invocato il giudizio della Corte Costituzionale anche per la disposizione di cui al comma 59 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015 perché ritenuto che la stessa incorresse in analoga violazione dell’art. 136 Cost., per «l’elusione del giudicato (sostanziale)» di cui alla sentenza n. 50 del 2014, «e ciò a lume sia dei numerosi arresti della Corte costituzionale, intervenuti sul tema, sia delle precise ed inequivoche indicazioni» contenute nella sentenza n. 169 del 2015, che ha «ribadito l’intangibilità del decisum di cui alla precedente pronuncia n. 50 del 2014».
La Corte Costituzionale però ha ritenuto che il novellato comma 5 dell’art. 13 della legge n. 431 del 1998, in esame non fosse da cassare e precisamente:

Non sussiste la violazione dell’art. 136 Cost

La norma in esame non ripristina né ridefinisce il contenuto relativo a durata e corrispettivo dei pregressi contratti non registrati, la cui convalida, per effetto delle richiamate disposizioni del 2011 e del 2014, è venuta meno, ex tunc, in conseguenza delle correlative declaratorie di illegittimità costituzionale.

L’odierna disposizione prevede, piuttosto, una predeterminazione forfettaria del danno patito dal locatore e/o della misura dell’indennizzo dovuto dal conduttore (Corte di cassazione, sezione terza, sentenza 13 dicembre 2016, n. 25503), in ragione della occupazione illegittima del bene locato, stante la nullità del contratto e, dunque, l’assenza di suoi effetti ab origine.

La nuova disciplina si rivolge, comunque, soltanto alla particolare platea di conduttori individuata alla stregua della situazione di fatto determinatasi in base agli effetti della disciplina di cui all’art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23 del 2011, prorogati dall’art. 5, comma 1-ter, del d.l. n. 47 del 2014, nel periodo intercorso dalla data di entrata in vigore del suddetto d.lgs. del 2011 a quella (16 luglio 2015) di deposito della sentenza caducatoria n. 169 del 2015. E, per tal profilo, opera una selezione che trova giustificazione nella particolare situazione di diritto, ingenerata dalla normativa poi dichiarata illegittima, sulla quale il conduttore aveva però riposto affidamento (fino alla data, appunto della declaratoria di siffatta illegittimità), essendosi conformato a quanto da essa disposto.

La pur solo parziale coincidenza dell’importo del parametro indennitario, previsto dalla disposizione censurata, con quello del canone legale, individuato dalle pregresse norme dichiarate costituzionalmente illegittime, non è dunque sufficiente a determinare la violazione del giudicato costituzionale, atteso, appunto, il più ampio e differente assetto disciplinatorio dettato dalle norme dichiarate illegittime — le quali avevano mantenuto intatti gli effetti di un (convalidato) rapporto giuridico locatizio, con tutti i correlativi obblighi (reciproci), legali e convenzionali, e con le eventuali ricadute sul contenzioso concernente l’attuazione del rapporto stesso — rispetto alla disciplina recata dal vigente comma 5 dell’art. 13 della legge n. 431 del 1998, che quel rapporto conferma, invece, essere venuto meno ex tunc, regolandone soltanto le implicazioni indennitarie, in termini di occupazione sine titulo.
Non sussiste la violazione dell’art. 3 Cost.

È pur vero, infatti, che l’importo (pari al triplo della rendita catastale), che il comma 5 del novellato art. 13 della legge n. 431 del 1998 riconosce forfettariamente dovuto dai conduttori, per il periodo ivi indicato, è inferiore a quello (non eccedente il «valore minimo» definito dalla contrattazione collettiva territoriale) che il giudice può riconoscere dovuto dal conduttore «Nel giudizio che accerta l’esistenza del contratto di locazione», su azione dello stesso conduttore, ai sensi del comma 6 del medesimo riformulato art. 13.

Ma quelle la comparazione riguarda situazioni certamente non omogenee, attenendo la prima – in via transitoria – ad una «indennità» dovuta in correlazione ad una pregressa occupazione senza titolo, per di più qualificata dall’affidamento riposto dall’inquilino nel dettato normativo poi dichiarato costituzionalmente illegittimo, e riferendosi, diversamente, la seconda – a regime – ad un «canone» determinabile da parte del giudice «che accerta l’esistenza del contratto» (id est: l’esistenza di un contratto scritto non registrato nel termine prescritto): ipotesi, quest’ultima, che, per un verso, si diversifica da quella in precedenza disciplinata dal comma 5 dell’art. 13 nel testo originario, che aveva riguardo al solo contratto “di fatto” instaurato dal locatore, ossia al contratto verbale e, quindi, nullo per difetto di forma scritta ad substantiam; e per altro verso, ne assume la disciplina, giacché l’azione si concreta nell’“accertamento dell’esistenza” del contratto non registrato, quale operazione consentanea a rendere valido ed efficace un contratto nullo, che, in definitiva, pone tale, pur peculiare, seconda fattispecie sul piano della determinazione del corrispettivo di una locazione (recuperata in termini di validità ed efficacia), mentre la fattispecie in esame opera, come detto, sul diverso piano della predeterminazione forfettaria del danno patito dal locatore e/o della misura dell’utilizzo dovuto dal conduttore per l’occupazione di un immobile senza un valido titolo locativo.

Per chiarimenti e consulenze scrivere alla seguente mail: avv.chiaraconsani@gmail.com

lunedì 31 agosto 2015

L’INCOSTITUZIONALITA’ DEL DECRETO SALVA INQUILINI N47/2014 CONVERTITO CON L.80/2014


LA SENTENZA CORTE COSTITUZIONALE N.169/2015
 
Giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 1-ter, del decreto-legge 28 marzo 2014 n. 47 (Misure urgenti per l’emergenza abitativa, per il mercato delle costruzioni e per Expo 2015) convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 23 maggio 2014, n. 80,

La disposizione all’esame è stata introdotta in sede di conversione, ad opera della legge n. 80 del 2014, del d.l. n. 47 del 2014, a seguito e in conseguenza della sentenza di questa Corte n. 50 del 2014, depositata il 14 marzo 2014, che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23 del 2011, in tema di rideterminazione ex lege di elementi di contratti di locazione non registrati nei termini. Essa è stata inserita nell’ambito di un provvedimento diretto in primis, secondo le intenzioni dichiarate nel preambolo del provvedimento d’urgenza, «a fronteggiare la grave emergenza abitativa in atto e a adottare misure volte a rilanciare in modo efficace il mercato delle costruzioni» e nel contesto di un articolo (il 5) dedicato, secondo l’originaria rubrica, alla «Lotta all’occupazione abusiva di immobili». Con essa il legislatore ha, nella sostanza, prorogato l’efficacia e la validità dei contratti di locazione registrati sulla base delle disposizioni dichiarate costituzionalmente illegittime.

La disposizione censurata si porrebbe, dunque, in contrasto, anzitutto con l’art. 136 Cost., in quanto il legislatore avrebbe inteso non già introdurre una norma riproduttiva di quella precedente, ma solo enunciare «una “clausola di salvaguardia”» volta a preservare gli effetti prodottisi in applicazione delle disposizioni dichiarate incostituzionali ed i rapporti che ne erano stati originati; senza, per di più, che il richiamo ai “diritti quesiti” ed ai “rapporti consolidati” – ai quali ha fatto riferimento il parere espresso, nella fase di conversione in legge, dalla Commissione permanente affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni della Camera dei deputati – risulti corretto né pertinente, trattandosi di rapporti di durata non sciolti né estinti e senza possibilità di alcuna “cristallizzazione” dei relativi effetti.

Sarebbe poi compromesso anche l’art. 3 Cost., in quanto si sarebbe introdotto un regime irragionevolmente discriminatorio rispetto ai medesimi rapporti di locazione, dal momento che, a seguito della predetta dichiarazione di illegittimità costituzionale, sarebbe venuta meno la funzione «preventiva e deterrente» circa l’adempimento degli obblighi tributari connessi alla tempestiva registrazione dei contratti di locazione: il che renderebbe priva di ragion d’essere la previsione di un «termine finale» scollegato dalla originaria funzione.

Si denuncia, infine, la violazione anche dell’art. 42, secondo comma, Cost., in quanto la facoltà del legislatore di limitare la proprietà privata è tuttavia sottoposta al rispetto del «limite teleologico della funzionalità alle esigenze delle collettività, mediante un bilanciamento di interessi di rango costituzionale che non può tradursi in uno “svuotamento di rilevante entità ed incisività del suo contenuto” (v. sentenza Corte Cost. n. 55/1968)». Evenienza che, nella specie, non si sarebbe verificata, avendo il legislatore previsto misure in chiave sanzionatoria, tanto della durata che del canone locatizio, svuotando di contenuto l’autonomia negoziale, senza una proporzionale ricaduta sul piano della funzione sociale della proprietà.

La questione incostituzionalità è stata ritenuta fondata, pertanto la norma impugnata è stata dichiarata costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 136 Cost.

Alla luce di quanto esposto tutti i contratti di locazione sorti a seguito della denuncia all’Agenzia delle entrate ai sensi dell’art 3 commi 8 e 9 del Dlgs 23/2011 sono invalidi. Essendo venuta meno la sanatoria degli effetti del contratto registrato in base alle norme dichiarate incostituzionali la detenzione del bene non può ritenersi sostenuta da alcun titolo legittimante stante la nullità del contratto di locazione stipulato senza l’osservanza della forma di legge.

martedì 9 settembre 2014

OBBLIGHI DELL’INQUILINO DI PERMETTERE LA VISITA DELL’IMMOBILE LOCATO DA PARTE DEL LOCATORE


Anche in mancanza di una clausola contrattuale, la giurisprudenza riconosce, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, che «il locatore, nonostante il silenzio del titolo, può far visitare la cosa locata, con le modalità di cui agli usi localmente vigenti, al fine di potere stipulare altro contratto di locazione, allo scadere di quello in corso, ovvero di vendere la cosa locata, e il conduttore che opponga ingiustificati rifiuti all’effettuazione di tali visite incorre in un inadempimento che può costituire causa di risoluzione del contratto» (Cassazione 17 settembre 1981, n. 5147).

Pertanto il locatore ha diritto a far visitare la cosa locata, con le modalità dettate dagli usi localmente vigenti, al fine di poter vendere il bene. Inoltre gli ingiustificati rifiuti opposti dall'inquilino a dette visite sono idonei a configurare un inadempimento, il quale può costituire causa di risoluzione del contratto e fondare una richiesta di risarcimento dei danni.

Nel caso in cui siano il pericolo di risoluzione del contratto non spaventa l’inquilino in quanto già pendenti azioni volte ad ottenere il rilascio, il locatore può chiedere di agire contro il conduttore per ottenere un provvedimento che lo autorizzi alla visita dei locali. Si veda in questo senso, Pretura di Roma, 11 febbraio 1980, secondo cui «il proprietario di un immobile ha il diritto, nonostante il silenzio del titolo e con le modalità di cui agli usi locali, di visitare il bene dato in locazione e tale diritto è tutelabile, in via d’urgenza, ex articolo 700, codice procedura civile, giacché appare minacciato da un pregiudizio imminente e irreparabile atteso che per tutta la durata del giudizio di merito il titolare di esso si troverebbe impedito nella vendita dell’immobile e la situazione giuridica di cui egli è titolare non potrebbe più essere esercitata, se non con danno maggiore di quanto possa essergli risarcito con il giudizio di merito».

 

Per chiarimenti e consulenze scrivere alla seguente mail: chiara.consani@virgilio.it

 

lunedì 30 giugno 2014

IL DECRETO SALVA INQUILINI: DUBBI E PERPLESSITA'

IL DECRETO SALVA INQUILINI DL 47/14 (convertito nella L. 80/14) e precisamente l’art. 5 comma 1-ter.

Il legislatore è reintervenuto come avevamo previsto con l’art. 5 comma 1 ter della l 80/2014, che ha fatto salvi fino al 31.12.15 gli effetti e i rapporti sorti dai contratti nati ex art. 3.
 
Questa norma è stata emanata con il solo intento di evitare agli inquilini di pagare gli arretrati e di godere per un altro anno e mezzo del pagamento del canone ridotto.

La legge che ha nuovamente soccorso gli affittuari stabilisce, infatti, che sono fatti salvi, fino al 31 dicembre 2015, gli effetti prodotti e i rapporti giuridici sorti sulla base dei contratti di locazione registrati ai sensi dell’articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23.
 
La norma ha voluto, puramente e semplicemente, procrastinare gli effetti di una norma dichiarata incostituzionale: in questo caso è ineluttabile un nuovo intervento della Corte volto a sanzionare la violazione del giudicato costituzionale.

Si evidenzia a tal fine la copiosa giurisprudenza costituzionale che impedisce al legislatore di fare salvi o prolungare gli effetti di una norma incostituzionale.

Restano dubbi e perplessità in merito a questa nuova normativa.
Non ci resta che attendere le numerose sentenze che stanno emettendo i vari Tribunali in merito agli sfratti richiesti e ottenuti nonostante le norme incostituzionali che il nostro paese riesce inesorabilmente ad approvare.

 
 


mercoledì 19 marzo 2014

DECRETO LEGISLATIVO 23/2011 LA PRONUNCIA DELLA CORTE COSTITUZIONALE SENTENZA 50/2014,


La Consulta cancella le sanzioni previste dall'articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo 23/2011 per i contratti in nero.

La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale per eccesso di delega dell'art. 3, commi 8 e 9, del d.lgs. n. 23/2011, nella parte in cui prevedeva la possibilità del conduttore di registrare tardivamente il contratto di locazione “in nero”, ottenendo un “nuovo” contratto di durata quadriennale e con riduzione del canone d'affitto pari al triplo della rendita catastale dell'immobile. Una disciplina estesa anche alle ipotesi di contratto di locazione registrato con un canone inferiore a quello effettivo e di contratti di comodato

Tale norma così disponeva: “ Ai contratti di locazione degli immobili ad uso abitativo, comunque stipulati, che, ricorrendone i presupposti, non sono registrati entro il termine stabilito dalla legge, si applica la seguente disciplina:

a) la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data della registrazione, volontaria o d'ufficio;

b) al rinnovo si applica la disciplina di cui all'articolo 2, comma 1, della citata legge n. 431 del 1998;

c) a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l'adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell'aumento degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli impiegati ed operai. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti.

La dichiarazione di incostituzionalità di una legge o di un atto avente forza di legge rende la norma inefficace ex tunc e, quindi, estende la sua invalidità a tutti i rapporti giuridici ancora pendenti al momento della decisione della corte, pertanto finiranno nel nulla i contratti che sono stati registrati dagli inquilini e dai funzionari del Fisco a partire dal 6 giugno 2011.

Gli inquilini che hanno denunciato all’agenzia delle entrate il contratto di locazione in nero dovranno  liberare l'abitazione, perché il contratto cadrà insieme alla norma di legge che lo prevedeva, inoltre il proprietario avrà diritto a un'indennità per l'arricchimento senza causa, e per indebita occupazione nel caso di ritardata consegna dell’immobile.

Per chiarimenti e consulenze scrivere alla seguente mail: chiara.consani@virgilio.it