Visualizzazione post con etichetta testamento olografo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta testamento olografo. Mostra tutti i post

venerdì 12 febbraio 2021

EREDITÀ DIGITALE APPLE I-CLOUD PRIVACY E TUTELA POST-MORTEM

Il Tribunale di Milano con una ordinanza emessa il 10 febbraio 2021 all’interno di un procedimento cautelare promosso ai sensi degli artt. 669 bis e 700 c.p.c. ha condannato la Apple Italia S.r.l. a fornire assistenza a due genitori per il recupero dei dati personali dagli account del figlio scomparso improvvisamente. I ricorrenti, eredi del figlio deceduto, avevano intenzione di recuperare i dati contenuti nel I-cloud ed ivi archiviati, consistenti in video, fotografie allo scopo di realizzare un progetto dedicato alla sua memoria. I genitori sono stati costretti a ricorrere al Tribunale perché la società Apple rifiutava loro tale accesso e comunicava che dopo un determinato periodo di inattività dell’account iCloud, la medesima proceda normalmente alla distruzione dei dati contenuti. PROFILI NORMATIVI: L’art 27 del Reg. 2016/679 c.d. “GDPR”, precisa che il regolamento non si applica ai dati personali delle persone decedute, lasciando tuttavia agli Stati Membri dell’Unione la possibilità di prevedere delle norme interne riguardanti il trattamento dei dati personali delle stesse. Sul punto, il decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101 ha introdotto una specifica disposizione nel Codice in materia di protezione dei dati, ossia l’art. 2-terdecies, la quale è dedicata al tema della tutela post-mortem e dell’accesso ai dati personali del defunto: “I diritti di cui agli articoli da 15 a 22 del Regolamento riferiti ai dati personali concernenti persone decedute possono essere esercitati da chi ha un interesse proprio, o agisce a tutela dell'interessato, in qualità di suo mandatario, o per ragioni familiari meritevoli di protezione (…) L'esercizio dei diritti di cui al comma 1 non è ammesso nei casi previsti dalla legge o quando, limitatamente all'offerta diretta di servizi della società dell'informazione, l'interessato lo ha espressamente vietato con dichiarazione scritta presentata al titolare del trattamento o a quest'ultimo comunicata”. Non risulta tuttavia chiarito dal legislatore se l’acquisto dei diritti dell’interessato deceduto sia un acquisto mortis causa oppure rappresenti una legittimazione iure proprio, limitandosi a prevedere quello che la più attenta dottrina ha qualificato in termini di “persistenza” dei diritti oltre la cessazione della vita della persona fisica interessata. Tale persistenza assume un rilievo preminente a livello dei rimedi giudizialmente esperibili. CONSIDERAZIONI: Sarà sempre più importante valutare il destino dei nostri dati anche tramite un testamento, in quanto, sui dati del defunto potrebbero sorgere criticità non solo di legittimazione all’esercizio dei diritti (si pensi che tali diritti siano in capo a più coeredi anche in contrapposizione tra di loro) ma anche in termini di definizione della normativa applicabile. Per una consulenza non esitare a contattarmi via mail avv.chiaraconsani@gmail.com

venerdì 28 febbraio 2020

REVOCA DEL TESTAMENTO PER SOPRAVVENIENZA DI FIGLI.


L'art. 687 c.c. stabilisce che le disposizioni sia a titolo universale sia a titolo particolare, fatte da chi al tempo del testamento non aveva oppure ignorava di avere figli o discendenti sono revocate di diritto per l'esistenza o la sopravvenienza di un figlio o discendente  del testatore, benché postumo anche adottivo, ovvero per il riconoscimento di un figlio naturale.

La fattispecie legale della revocazione di diritto riguarda sia il caso in cui il testatore non aveva discendenza al tempo del testamento, sia l'ipotesi in cui la discendenza c'era già, ma egli ne ignorava l'esistenza.

La disposizione in esame, secondo l'orientamento prevalente non si applica per il caso del testamento redatto dal de cuius che, al momento della sua predisposizione, già avesse figli, dei quali fosse nota l'esistenza, e sia sopraggiunto un altro figlio.

Se il testatore aveva già avuto dei figli dei quali gli era nota l'esistenza al tempo della redazione del testamento e ne siano, successivamente, sopraggiunti degli altri, la revoca non è operante.

Ne deriva che è preclusa l'applicazione in via analogica alla fattispecie di figlio sopraggiunto dopo la redazione del testamento effettuata in presenza di altri figli.

L'eccezionalità dell'art. 687 c.c. si giustifica per due ragioni: da un lato, esso dà luogo a una fattispecie di inefficacia sopravvenuta di un negozio; dall'altro, esso pone una deroga al principio della prevalenza della successione testamentaria su quella legittima, valorizzato dall'art. 457 c.c., secondo cui non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca in tutto o in parte quella testamentaria.
 
CASSAZIONE CIVILE SEZ. II - 21/05/2019, N. 13680


La dichiarazione giudiziale di paternità anche se intervenuta dopo la morte del de cuius comporta la revocazione del testamento per sopravvenienza di figli.In tema di revocazione del testamento per sopravvenienza di figli, il disposto dell'art. 687 c.c., comma 1, ha un fondamento oggettivo, riconducibile alla modificazione della situazione familiare rispetto a quella esistente al momento in cui il de cuius ha disposto dei suoi beni, sicché, dovendo ritenersi che tale modificazione sussista non solo quando il testatore riconosca un figlio ma anche quando venga esperita nei suoi confronti vittoriosamente l'azione di accertamento della filiazione, il testamento è revocato anche nel caso in cui si verifichi il secondo di tali eventi in virtù del combinato disposto dell'art. 277 c.c., comma 1, e art. 687 c.c., senza che abbia alcun rilievo che la dichiarazione giudiziale di paternità o la proposizione della relativa azione intervengano dopo la morte del de cuius, né che quest'ultimo, quando era in vita, non abbia voluto riconoscere il figlio, pur essendo a conoscenza della sua esistenza.

La pronunzia in esame conferma il recente orientamento assunto dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la dichiarazione giudiziale di paternità (nel caso di specie, intervenuta, fra l'altro, dopo la morte del de cuius) comporta la revocazione del testamento per sopravvenienza di figli, nonostante l'art. 687 c.c. faccia riferimento alla sola e differente fattispecie di riconoscimento di figlio naturale.
 

La ratio della revocazione, ex art. 687 c.c., delle disposizioni, a titolo universale o particolare, va individuata nell'esigenza di tutelare i figli del disponente.
 

L'art. 687 c.c. realizza a favore dei legittimari un risultato ulteriore rispetto a quello che questi potrebbero conseguire con la semplice azione di riduzione.

Infatti, la disciplina della riserva non contempla l'inefficacia totale delle disposizioni del de cuius, ma la sola riduzione di quelle lesive per i legittimari.
 
Per consulenza legale scrivere al seguente indirizzo mail: avv.chiaraconsani@gmail.com

 

martedì 28 maggio 2019

CONIUGE CHIAMATO ALL’EREDITA’


CONIUGE CHIAMATO ALL’EREDITA’

ART 485 C.C.

RINUNCIA ALL’EREDITA’ E DIRITTO DI ABITAZIONE EX ART 540 COMMA SECONDO C.C.

Al verificarsi dell’evento morte i chiamati all’eredità, coloro che sono stati indicati nel testamento ovvero, in assenza di atto di ultima volontà, i chiamati per legge, perché siano a tutti gli effetti eredi, devono accettare la quota di eredità a loro spettante.

L’accettazione può essere espressa o tacita: la prima è quella che risulta da atto scritto nel quale emerga chiaramente la volontà di far propria una parte dell’asse ereditario; la seconda si concreta in un comportamento che inequivocabilmente manifesti l’intenzione di divenire erede a tutti gli effetti.

Eccezionalmente, esistono dei casi in cui l’eredità si acquista senza alcuna accettazione, tacita o espressa che sia; si tratta: del chiamato che sia già in possesso dei beni ereditari e che, entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione, non abbia redatto inventario.

L'art. 485 cc prescrive che il chiamato all'eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia della devoluta eredità. Trascorso tale termine senza che l'inventario sia stato compiuto, il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice.

In merito alla posizione del coniuge residente presso la casa coniugale e chiamato all’eredità, ciò che rileva ai fini dell’applicazione o meno dell’art 485 c.c. è la natura dei diritti di abitazione della casa adibita a residenza familiare e dell'uso dei mobili che la corredano, attribuiti al coniuge superstite dall'art. 540, co. 2 c.c. come novellato dalla l. 19 settembre 1975 n. 151.

L’orientamento espresso dalle Sezioni Unite Corte di Cassazione con la Sentenza n. 4847/13 supera quello espresso dalla Sentenza n. 11018/08, secondo cui il disposto dell'art. 540 c.c. - attributivo al coniuge superstite dei diritti di abitazione della casa familiare in proprietà del de cuius e di uso della relativa mobilia-  opererebbe solo nell'ambito della successione necessaria e non nell'ambito della successione legittima; cosicché, nel caso di successione legittima, l'abitazione, da parte del coniuge superstite, della casa familiare già in proprietà, anche parziale, del de cuius implicherebbe l'applicazione dell'art. 485 c.c., ai cui fini è sufficiente che il possesso riguardi anche uno solo dei beni ereditari (e dunque anche solo la quota della casa coniugale già di proprietà del "de cuius").

Le Sezioni Unite hanno invece affermato l'opposto principio secondo il quale i diritti di abitazione nella casa familiare e di uso della relativa mobilia spettano al coniuge superstite anche nella successione legittima.

Alla luce del richiamato orientamento delle Sezioni Unite, il solo fatto della permanenza del coniuge superstite nella casa familiare già in proprietà, anche parziale, del de cuius non può dunque ritenersi necessariamente una manifestazione di possesso dei beni ereditari, dovendo intendersi come il mero esercizio dei diritti di abitazione e di uso attribuiti al coniuge a titolo di legati ex lege.

In questo senso peraltro, già nel 2008, si era espressa la Sezione tributaria con la sentenza n. 1920/08, ove si precisava che i diritti di abitazione e di uso previsti dall'art. 540 c.c. a favore del coniuge superstite non sorgono in capo a quest'ultimo a titolo successorio - derivativo, bensì a diverso titolo, costitutivo, fondato sulla qualità di coniuge e prescindente dai diritti successori. Cosicché "Il titolo che abilita il coniuge al possesso del bene trova giustificazione nella norma civilistica che lo attribuisce indipendentemente dalla qualità di erede, con cui del resto il diritto di abitazione non ha nulla da spartire, essendo tale diritto acquisito, semmai, in forza di legato ex lege".

Per quanto sopra esposto il coniuge del defunto che continua ad abitare nella casa coniugale anche dopo i tre mesi dalla morte potrà ancora rinunciare all’eredità non trovandosi nel c.d. possesso dei beni ereditari disciplinato dall’art 485 c.c.

Per ogni chiarimento non esitare a contattarmi via una e-mail: avv.chiaraconsani@gmail.com

 

lunedì 20 maggio 2019

IL DIRITTO DI ABITAZIONE IN CASO DI MORTE CONIUGE SEPARATO NON PIU’ CONVIVENTE


La Corte di Cassazione, con la sentenza 22 ottobre 2014, n. 22456, precisa che il diritto di abitazione sulla casa familiare, non può essere attribuito al coniuge superstite quando lo stesso sia legalmente separato e non più convivente nella casa oggetto della disposizione successoria.

In caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l’impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare al momento dell’apertura della successione fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell’attribuzione del diritto reale di abitazione al coniuge superstite.

L'art 540 c.c. riserva al coniuge del defunto il diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso dei mobili che la arredano.

L’art 548 c.c. attribuisce genericamente al coniuge separato cui non è stata addebitata la separazione, gli stessi diritti successori del coniuge non separato, si era ritenuta l’estensione automatica del diritto di abitazione.

Solo di recente la giurisprudenza di legittimità ha chiarito la questione dopo un decennio di contrastanti interpretazioni.

La sentenza n. 13.407 del 12/06/2014 ha ritenuto che il diritto reale di abitazione, riservato per legge al coniuge superstite ha ad aggetto l'immobile che in concreto era adibito a residenza familiare in cui entrambi i coniugi vivevano insieme stabilmente organizzandovi la vita domestica del gruppo familiare.

La Ratio della norma di cui all’art 540 c.c. non è tanto la tutela dell' ”interesse economico” del coniuge superstite di disporre di un alloggio, quanto dell'”interesse morale” legato alla conservazione dei rapporti affettivi e consuetudinari con la casa familiare.

Ad esempio: la conservazione della memoria del coniuge scomparso, e lo stato sociale goduto durante il matrimonio.

In caso di separazione personale dei coniugi e di cessazione della convivenza, l'impossibilità di individuare una casa adibita a residenza familiare fa venire meno il presupposto oggettivo richiesto ai fini dell'attribuzione del diritto di abitazione.

In maniera del tutto speculare la legge Cirinnà (L. n. 76/2016) ha previsto una specie di “diritto di abitazione sulla casa familiare”, anche se limitato nel tempo, al partner del defunto unito civilmente ricalcando, quindi, la disciplina dell’art. 540 Cod. Civ..

PER CHIARIMENTI E CONSULENZE SCRIVERE ALLA SEGUENTE MAIL: AVV.CHIARACONSANI@GMAIL.COM

sabato 4 novembre 2017

LE DONAZIONI DI STRUMENTI FINANZIARI DAL CONTO DI DEPOSITO TITOLI A MEZZO BANCA

 
Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 18725 del 27 luglio 2017
Le Sezioni Unite hanno sciolto i dubbi sulla questione se un trasferimento di valori mobiliari mediante ordine impartito alla banca possa considerarsi donazione diretta o meno.

Le Sezioni Unite hanno così enunciato il seguente principio di diritto:

“ Il trasferimento per spirito di liberalità di strumenti finanziari dal conto di deposito titoli del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente, non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione indiretta. Ne deriva che la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico di donazione tra beneficiante e beneficiario, salvo che ricorra l’ipotesi della donazione di modico valore.”

La vicenda riguarda un trasferimento di valori mobiliari di cospicuo valore, depositati su conto bancario, eseguito a favore di un terzo – la convivente – in virtù di un ordine in tal senso impartito alla banca dal titolare del conto, deceduto pochi giorni dopo l’operazione. Apertasi la successione, la figlia del de cuius chiedeva la restituzione degli strumenti finanziari appartenuti al padre tenuti in un apposito conto di deposito titoli in amministrazione presso la banca, deducendo la nullità del negozio attributivo in quanto privo della forma solenne richiesta per la validità della donazione.

La questione giuridica di fondo affrontata dalle Sezioni Unite è la seguente:

un’operazione attributiva di strumenti finanziari, compiuta attraverso una banca chiamata a dare esecuzione all’ordine di trasferimento dei titoli impartito dal titolare con operazioni contabili di addebitamento e di accreditamento, costituisce una donazione tipica ex 769 c.c. oppure una donazione indiretta ai sensi dell’art. 809 c.c..?

Le Sezioni Unite in sintesi ritengono che l’operazione bancaria in adempimento dell’ordine impartito dal soggetto svolgerebbe una funzione esecutiva di un atto negoziale ad esso esterno, intercorrente tra il beneficiante e il beneficiario, il quale soltanto è in grado di giustificare gli effetti del trasferimento di valori da un patrimonio all’altro. Osserva la Corte, in altre parole, “si è di fronte, cioè, non ad una donazione attuata indirettamente in ragione della realizzazione indiretta della causa donandi, ma ad una donazione tipica ad esecuzione indiretta”, per cui il trasferimento trova la propria giustificazione nel rapporto tra l’ordinante – disponente e il beneficiario, dal quale dovrà desumersi se l’accreditamento (atto neutro) sia sorretto da una iusta causa: “di talché, ove questa si atteggi a causa donandi, occorre, ad evitare la ripetibilità dell’attribuzione patrimoniale da parte del donante, l’atto pubblico di donazione tra il beneficiante e il beneficiario, a meno che si tratti di donazione di modico valore”.

La riconduzione della fattispecie nella donazione diretta ha ricadute applicative assai rilevanti, ove si consideri che l’onere di forma è espressamente previsto dalla legge solamente per le donazioni dirette con la conseguente nullità nel caso di mancanza della forma solenne (atto pubblico e presenza dei testimoni).

lunedì 11 gennaio 2016

L'IMPUGNAZIONE DEL TESTAMENTO OLOGRAFO FALSO


Il testamento olografo deve essere scritto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore. La sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. Se anche non è fatta indicando nome e cognome, è tuttavia valida quando designa con certezza la persona del testatore. La data deve contenere l'indicazione del giorno, mese e anno. La prova della non verità della data è ammessa soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore, della priorità di data tra più testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento.

Il testamento produce effetti nella sfera giuridica degli eredi con la semplice pubblicazione ex art. 620, comma 6, c.c., senza alcuna necessità di un accertamento della sua autenticità o trascrizione.

Le Sezioni Unite, con sentenza 15 giugno 2015 n. 12307 (rimarcando quanto affermato nella Sent. Cass. 15 giugno 1951 n. 1545), hanno affermato il principio secondo il quale, ove la parte contesti l’autenticità del testamento olografo, la stessa è tenuta a proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura e, quindi, su di essa grava l’onere della relativa prova.

Le Sezioni Unite hanno superato il contrasto esistente nella Corte di legittimità. Più precisamente, tra l’indirizzo che riteneva necessaria la proposizione della querela di falso e quello che, invece, considerava sufficiente il mero disconoscimento della autenticità del testamento.

In base ai principi generale, l'onere della prova grava in capo a colui che contesta la validità del testamento olografo. Ciò è anche in linea con la disposizione dell'art 456 c.c. che afferma che non si fa luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria: ne consegue, quindi, che colui che si afferma successore ex lege dovrà esercitare un'azione di accertamento negativo - volta a far valere la nullità del testamento e, quindi, il verificarsi della delazione legale - il cui onere della prova ricade su di lui, in conformità ai principi generali (in tal senso Corte di Cassazione, 1545/51).

Si sottolinea infine come la falsificazione del testamento olografo sia perseguibile d'ufficio (art.493 bis, comma secondo, c.p.), ed è soggetta ad una specifica pena (art. 491 c.p.).

Inoltre ai sensi dell'art. 654 c.p.p., l'accertamento dei fatti effettuato in sede penale, che abbia portato ad una sentenza di condanna o di assoluzione, «ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall'accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purché i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purché la legge non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa».

Per chiarimenti e consulenze scrivere alla seguente mail: chiara.consani@virgilio.it

martedì 22 marzo 2011

Testamento digitale- password e decesso dell'utente:


Il problema del diritto all'accesso alla posta elettronica di un defunto è una questione che presente imminenti caratteri di attualità.

Negli Stati Uniti la questione è stata affrontata in due circostanze differenti.

La prima volta nel 2005 su richiesta della famiglia di un marine scomparso la Probate Court della Oakland County ordinò al provider statunitense Yahoo di consegnare ai genitori tutta la corrispondenza giacente nella casella di posta elettronica del giovane militare.

La seconda volta nel 2007 la figlia di un poeta (tal William Talcott) non ha potuto accedere alla casella di posta elettronica del padre, dopo la sua morte, poiché lo stesso non aveva reso note a nessuno le sue credenziali di autenticazione. La legittima erede ha chiesto l’accesso alla casella di posta elettronica del de cuius al provider Yahoo il quale si è rifiutato di consegnare la password per motivi di privacy. La disputa ha dato vita ad un contenzioso il quale è stato risolto dal Giudice americano con il rigetto in toto la richiesta dell’erede.

La riservatezza dei messaggi e-mail costituisce uno degli argomenti più discussi nel diritto delle nuove tecnologie.

Quanto alla legislazione italiana è opportuno premettere che ad oggi la nostra legislazione non consente di dare una risposta certa posta altresì la mancanza di casi giurisprudenziali in tal senso. Inoltre si da atto come la questione e-mail tocchi vari interessi in gioco: il diritto alla privacy dell’utente della mail e di tutti coloro che erano in contatto con lui, il diritto successorio in capo agli eredi ed eventualmente un interesse della comunità a conoscere gli scritti dell’utente poeta come nel caso americano sopra riportato.

Si da atto come il Garante della privacy in Italia ritiene che non si può consegnare a nessuno, nemmeno agli eredi, una casella di posta elettronica perché può contenere dati personali non soltanto del defunto ma di tutti i suoi interlocutori. L’accesso va proibito nel modo più assoluto. A differenza di un conto corrente bancario che gli eredi sono legittimati a conoscere una casella e-mail contiene una corrispondenza intima che deve rimanere segreta.

In tal senso la consegna di password relative alla posta elettronica paleserebbero una violazione sia dell’art 15 della Costituzione che dell’art 616 del codice penale che parifica la comunicazione telematica a quella cartacea.

E’ opportuno da un altro lato rilevare come la giurisprudenza si sia pronunciata in maniera differente per quanto riguarda gli account aziendali di posta elettronica di dipendenti di impresa. In queste pronunce il giudice si è espresso ritenendo legittimo il controllo della corrispondenza effettuato da parte del datore di lavoro. In tal senso la casella di posta elettronica è stata considerata uno strumento di lavoro e come tale sottoposta alla verifica da parte del datore di lavoro. Il provvedimento prevede la deroga ai principi di libertà e segretezza della corrispondenza in quanto l’accesso da parte di terzi alla casella elettronica in uso al lavoratore non costituisce di per sé violazione alla sfera privata di quest’ultimo.




Si palesa, proprio per l’assenza di una regolamentazione e per la possibile incerta soluzione da parte del giudice chiamato a decidere la controversia, l’opportunità di una regolamentazione di tali problematiche all’interno dei contratti con i provider o anche in un testamento. E’ indubbio che specifiche clausole contrattuali che regolino i rapporti tra gestore dei servizi di posta elettronica e utilizzatore degli stessi.

Le società che gestiscono il provider consigliano di fare testamento per decidere il destino relativo al contenuto della posta elettronica. Infatti in assenza di una previsione mortis causa è discusso se l’erede legittimo possa accedere al contenuto della mail.

Si da atto come nascano sempre più nel modo virtuale siti dediti alla gestione dei nostri cosidetti “Digital Assets“. Alcuni siti offrono servizi equiparabili a pompe funebri digitali. Uno fra i più famosi è sicuramente www.legacylocker.com.
Inoltre il sito Enrustet consente diselezionare i contenuti digitali presenti in Rete da inviare ai propri cari e altri invece da cancellare. Il Deathswitch, in caso di decesso, invia ai parenti e ai colleghi un elenco dettagliato dei siti, dei social media e delle password. Deatswitch verifica regolarmente l'esistenza in vita dei suoi utenti con l'invio di email. Un libro, "Your Digital Afterlife", spiega come affrontare nei singoli dettagli l'ultimo passo nel cyberspazio, da Gmail a Yahoo! a Facebook. Un testo da leggere prima di scrivere le ultime volontà.